Quando una quindicina di anni fa sono tornata a vivere in Sicilia mi sono chiesta se era il caso di ristrutturare i caseggiati di Pozzo di Mazza per viverci.
Quest’idea è stata poi accantonata ma non accettavo di assistere al continuo deterioramento di questo edificio che ho sempre amato molto.
Da qui l’idea di trasformarlo in agriturismo e di vederlo tornare a vivere, senza rendermi conto dell’avventura nella quale mi stavo buttando.
Non ho voluto cambiare il nome che ritroviamo anche in carte vecchissime. Sicuramente deriva dal fatto che qui si trovano due pozzi da sorgenti naturali di acqua che ancora troviamo con i loro abbeveratoi in pietra e che tutti i contadini venivano qui per rifornirsi di acqua e per abbeverare gli animali.
Il caseggiato più antico, oltre che ad abitazione sul piano superiore, era destinato alla trasformazione dell’uva come testimonia l’antico palmento perfettamente conservato.
Una buona parte dei terreni intorno, prima che si traforassero i terreni per l’estrazione dell’acqua con le trivelle e ci si specializzasse nelle colture degli agrumi e degli ortaggi, erano infatti coltivati a vigna con la tipica forma bassa ad arborello.
L’uva veniva portata nel pigiatoio attraverso la finestra a metà delle scale esterne dove veniva pigiata con i piedi ed il succo scendeva nelle vasche in pietra sottostanti.
Una volta ottenuto il vino, parliamo di un prodotto la cui gradazione era di circa 18°, veniva messo in botti di legno che erano poste nella attigua cantina più bassa di circa due metri per conservarlo ad una temperatura più fresca.